1. Oltre andare – 3.19
2. Luce – 3.40
3. Pioggia di cenere – 3.43
4. Crescendo – 4.22
5. Dove se ne va il vento – 4.05
6. Eco – 4.24
7. In partenza – 4.14
8. Manichini – 2.03
9. Miserere – 2.48
10. Il folle (I tarocchi) – 4.00
Ascoltalo su:
Testi e musiche di Riccardo Santarelli
Prodotto da Riccardo Santarelli
Musicisti partecipanti:
Riccardo Santarelli: voce e chitarra
Concetta Lidia Di Maggio: voce
Enzo Pagliuca: chitarre e armonica a bocca
Quirino Prosperi: basso elettrico
Tino Santoro: percussioni e cori
Roberto Malatesta: tastiere
Xhoana Askushaj: viola
Registrazione, editing, mixing a cura di Artista Sadico (Grammofono alla nitro)
Mastering a cura di Filippo Passamonti (VDSS Studio)
Copertina a cura di Davide Mancini (Dartworks)
Video del singolo Il folle (I tarocchi) contenuto nell’album:
Testi
Tornare a piedi
bistrattare ombre
avendo paura di cambiare
o di parlare
Confidarsi coi muri
che offrono forme
cadute su mari di piastrelle
o sulle stelle
Restare muti
sapendo tutto
costare fatica alla morte
spalancare porte
Entrare armati
della propria pace
studiando il marmo dell’attesa
poi la discesa
Portare doni
all’aria inespressa
piangere forte per capire
e poi sentire
E raccontare
appoggiati ai corpi
cambiando il peso della presenza
in viva assenza.
Le dita raccolte
sulle sbarre della stanza
si scuotono sconvolte
nell’aria che danza
fra stelle oscurate
dal colore abbandonate
che per altri mondi avanza
in parallela circostanza
Luce, Luce
il nero non ti ha trovato
nel suo regno ovattato
e tu fuggi
verso la mattina
che si fa più vicina
I polsi ormai sciolti
nel mattino precario
tremano irrisolti
combinati in un sudario
e quei baci incollati
su quei vetri brinati
han colore di diario
scritto senza calendario
Luce, Luce
il bianco t’ha ospitato
per rincorrere il passato
di sogni recenti
e ora corri verso il sole
che colora le tue parole
Nel caldo mezzogiorno
le braccia sulla via
sul flemmatico contorno
sono ali in asfissia
e un colore pesante
s’è fatto importante
arriverà la fantasia
che curerà la sua mania
Luce, Luce
il giallo ti ha stancato
col suo amore seccato
e te ne vai
verso un cuore pronto
verso il cuore del tramonto
Le ombre della luce
a giorno ormai finito
il tramonto le conduce
su un cielo indefinito
e parla il colore
una lingua che non muore
e la fantasia ricuce
i contorni riproduce
Luce, Luce
il rosso innamorato
lento ti ha baciato
e ora senti
il pianto della sera
che a trovarti sempre dispera.
Se guardo indietro forse vedrò
una distesa di sale
polvere bianca, profumo d’oblio
che ricopre il male
Fili intrecciati sopra la via
non riesco ad orientarmi
quale seguire? Mi guardo intorno
comincio a voltarmi
C’è una pioggia di cenere, c’è una pioggia di cenere
Vedo scolpita la mia partenza
sulla porta di casa mia
occhi supini cercano orme
di chi è andato via
E lei grida come un angelo
da sbarre di vetro
ma il silenzio è solo silenzio
e l’urlo torna indietro
C’è una pioggia di cenere, c’è una pioggia di cenere
Perdo coscienza per un momento
poi son di nuovo in vita
spiragli rossi sotto la luna
un’alba infinita
Tornerò presto dal mio domani
per rivedermi intero
mai più diviso dai ricordi
che affollano il pensiero.
Tu che hai visto
la fantasia
voltare pagina
andare via
non hai capito
la sua intenzione
il suo bisogno
di confusione
Se non vuoi stare a guardare
vai avanti non esitare
da quel tutto al particolare
da quel punto per cominciare
Non hai visto che c’è il sole
la pioggia è anche quel che ci vuole
non ci sono caserme o scuole
non ti servono le parole
Chi non incendia la sua vita affonda, di sudore gronda e di pena circonda
il volto che cede all’invano, ad un palmo di mano, ad un futuro che raggrinzisce lontano
e un passato che piace a chi non ha pace, a chi né a sognare o dormire è capace
a chi grida in piazza che non c’è più razza, poi fa diventare un ramo d’ulivo una mazza
Resta fedele ai cenni d’intesa di una discesa che rasenta l’ascesa
lascia le orme alle volpi e ai cani, la normalità ai sani e l’odio a chi ami
non cercare la cima, sii com’eri prima, come sei stato in questa rima
corri al contrario, esci dall’acquario, prima che ci cada un lampadario
Non resto a guardare le stelle
lucenti denari riflessi su pelle
non sto nemmeno a guardare la luna
che lassù nel cielo promette fortuna
Abbracciami figlia del sole
ogni mattina ti rubo parole
per metterle in fila su un treno di carte
che arriva in ritardo allo stato dell’arte
Non siamo chi siamo per caso
siamo tramati con filo di raso
per incontrarci con rabbia e sudore
e con il destino poi fare l’amore
Riprenditi in mano la vita
che muoia e rinasca e rimanga una meta
che non si sporchi con quello che vedi
ma sia sempre un passo sotto i tuoi piedi.
C’è uno specchio spaccato
che vuol riflettere il sole
sotto un cielo dilaniato
quasi senza parole
Io son dietro lo specchio
per un errore di prospettiva
e tendo sempre l’orecchio
verso un’onda che non arriva
Dove se ne va il vento
perché non mi risponde?
Ha cambiato l’accento
e in un attimo mi confonde
Nella città aperta
dove i sogni fanno desiderare
il mio risveglio è un’offerta
che non cerca un altare
E spalanco le braccia
ai silenzi del corso
mi dipingo la faccia
di verde e di rosso
E me ne vado col vento
adesso lui mi risponde
riconosco il suo accento
e più no, non mi confonde
(Chiusi le mani su una riga di pianto e mi scordai giorni, intento a comprare istanti con il sorriso
che avevo perduto in una strada affollata).
In vicoli di paese
l’umore si accontenta
di tinte contese
dal giallo o dal magenta
Vagare col pensiero
fa un po’ male quaggiù
vorrei a cuor leggero
viaggiare, non tornare più
Ed io cerco l’eco
ed io cerco l’eco
che mi serve per fuggire
che mi serve per partire
Timido il passo
va per coste affiancate
a una coscienza d’abisso
o a vele appena spiegate
La memoria sospinge
parentesi umane
con calma le costringe
ad avvolgere parole vane
Ed io cerco l’eco
ed io cerco l’eco
che mi serve per fuggire
che mi serve per partire
Ora il vento mi insegue
misurando il mio vissuto
un cammino senza tregue
verso l’oltre sperduto
E un’eco da imparare
si offre alla mia gola
io e l’eco a forza di urlare
diventiamo una cosa sola.
Mi sveglio e prego il vento
perché non soffi impetuoso
e non aggiunga caffeina
al bianco delle vie
E si perde il luogo e il senso
tra le pieghe di tempo guadagnato
E tu non sai più cosa fare
dove andare
senza l’attimo
invidiato dai treni ad alta velocità
in partenza
in partenza
Riesci a sentire la luna
intonare un canto diverso
per raggiungere l’impressione
della caducità
E si perde il luogo e il senso
tra le pieghe di tempo guadagnato
E tu non sai più cosa fare
dove andare
senza l’attimo
invidiato dai treni ad alta velocità
in partenza
in partenza.
Un corridoio di vetro
riflette il mio pensare
sottile come un ago
il rumore di uno spago
il semplice cucire
mi sussurra dietro
Eccola lì, lei è bella
non ha nessuna imperfezione
vorrei chiederle come si chiami
ma ora ricordo che io non ho un nome
In una stanza lucente
apprendo la postura
per stare a lungo in piedi
mi insegnano i rimedi
con tatto e molta cura
per vestirmi dal niente
C’è anche lei, è così bella
senza sapere il perché e il come
vorrei tanto parlarle
ma non ce la faccio, forse è l’emozione
E la gente che sceglie
ci vede quasi amanti
in silenzi comprati
se mai ci siamo amati
portavamo sempre i guanti
e gli occhi erano biglie.
Come sta il mare
rumore di campane
un passo blu
Tu sai cadere
la paglia è disperata
dei fuochi laggiù
Sogni di cera
poi l’anima di un pino
caffé corretto
Parlare piano
per sospirare giorni
perdere tutto
Ottut eredrep
inroig eraripsos rep
onaip eralrap
Ottecor effac
onip nu id aminal iop
arec id ingos
Uiggal ihcouf ied
atarepsid e ailgap al
eredac ias ut
Ulb ossap nu
enapmac id eromur
eram li ats emoc
L’amor tra le rondini o il braciere
è sempre amor
tra un haiku e un miserere è sempre amor
tra un haiku e un miserere è sempre amor
Tra un haiku e un miserere…
Sono il bagatto
mago strafatto
alchimista incallito
col cervello sgualcito
Sono papessa
dalla mole indefessa
con il volto aggrottato
e lo spirito alato
Io sono il papa
con il cuore di rapa
ho il modo spiccio
per levarvi d’impiccio
Son la giustizia
al gusto di liquerizia
il mio braccio è lungo
e col mio alito pungo
[Incomprensibile]
Sono l’appeso
appeso sul mio peso
con la testa all’ingiù
e il sangue che non va su
Son l’eremita
la lanterna è finita
vago come un cieco
ed io mi perdo meco
Siamo le stelle
luccicanti sorelle
insignificanti perline
di un cielo senza regine
Sono la forza
ho una dura scorza
alzo trecento chili
come un paio di fili
[Io continuo a non capire. Voi?]
Sono il mondo
faccio il girotondo
sopra un’orbita incerta
non ancora scoperta
Sono la luna
né bionda né bruna
fonte di poesia
di pianto e licantropia
Son satanasso
con la spada io squasso
gentiluomo caduto
dentro un cocente imbuto
Siamo gli amanti
alla ricerca d’incanti
su un cielo senza veli
dai contorni infedeli
Io sono il folle
vestito di stracci
che doma le folle
con baci ed abbracci
imbecille di corte
parente del vino
le membra ritorte
lo sguardo bambino
Sono il pazzo
che viene seguito
sempre un po’ a cazzo
con fare smarrito
ho il mio cappello
ed i capelli sporchi
ma sono il più bello
fra tutti i tarocchi.